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30 ottobre 2010

OPERA DEL MESE : OTTOBRE - aspettanto Godot

Mi sto applicando allo stesso soggetto, quasi come faceva Monet con le sue ninfee. :-)
Con le tavole precedenti ho dipinti gli stessi fiori di pura immaginazione creando delle composizioni diverse, ora con lo scorcio  che Vi propongo  del mio fiume (che per la verità non è copiato da nessuna parte e neppure dal vero o da foto varie...e fa parte del mio immaginario) Vi propongo una visione diversa della precedente opera.

Qualche mese fà Vi avevo proposto
APPASSIONATA-MENTE ...L'ADDA,
in estate...ed ora lo stesso angolo immaginato in una luminosa giornata d'inverno.
Volevo coprire i rami e le foglie con la neve ma poi ho pensato di lasciarlo così..che ve ne pare?




OPERA AD OLIO A SPATOLA
"ASPETTANDO GODOT"
dim cm. 49x24,5 - ottobre 2010


Lettura di R.dott.ARACRI

Bellissimo quadro, raffinato, delicatissimo nella sua espressione cromatica dove i colori si sciolgono come fiocchi di neve e si adagiano sulla tela in un armonioso ,gioioso gioco di luce. La spazialità della tela è tutta stratificata da una diafana, leggerissima, immaginifica realizzazione degli arbusti, dei rami, delle foglie e delle acque che silenziosamente vivificano la composizione nelle sue tonalità quasi impalpabili che aprono la luminosità in una trasparenza molto bella e tecnicamente splendida da rendere il soggetto indefinito, visione, sogno. Contorni indefiniti che sanno di aria, di fiume, di argini nascosti dilatati nella sensazione di astrattismo da tocchi lievi di spatola che scivola come onda e lascia una scia di dolce,di profumo, di suoni . Un ricamo dalla fragilità essenziale che scopre l’ansia dell’attesa e la concretizza nel cromatismo soffice, di seta , pulsante come le attese più belle che questa artista riesce a farci sentire attraverso la sua arte.
30 ottobre 2010



Chissà se qualcuno di Voi mi sa dare una spiegazione sul perchè di questo mio titolo che mi è venuto, così spontaneamente?
Mi dico, ma come mai  mi vengono questi momenti...che c'entra questo testo con la mia opera? A volte la mente umana.......


E CON QUESTA MIA OPERA
VI LASCIO QUI ..CARISSIME E CARISSIMI
I MIEI PIU' SENTITI

 "GRAZIE"

PER IL VOSTRO CONTINUO SOSTEGNO
ED UN AUGURIO
PER UN SERENO FINE SETTIMANA




se VI FA PIACERE....

Testo Aspettando Godot
 Claudio Lolli  Viaggio In Italia (1998) > Aspettando Godot

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Vivo tutti i miei giorni aspettando Godot,
dormo tutte le notti aspettando Godot.
Ho passato la vita ad aspettare Godot.
Nacqui un giorno di marzo o d'aprile non so,
mia madre che mi allatta è un ricordo che ho,
ma credo che già in quel giorno però
invece di succhiare io aspettassi Godot.
Nei prati verdi della mia infanzia,
in quei luoghi azzurri di cieli e acquiloni,
nei giorni sereni che non rivedrò
io stavo già aspettando Godot.
L'adolescenza mi strappò di là,
e mi portò ad un angolo grigio,
dove fra tanti libri però,
invece di leggere io aspettavo Godot.
Giorni e giorni a quei tavolini,
gli amici e le donne vedevo vicini,
io mi mangiavo le mani però,
non mi muovevo e aspettavo Godot.
Ma se i sensi comandano l'uomo obbedisce,
così sposai la prima che incontrai,
ma anche la notte di nozze però,
non feci altro che aspettare Godot.
Poi lei mi costrinse ed un figlio arrivò,
piccolo e tondo urlava ogni sera,
ma invece di farlo giocare un po',
io uscivo fuori ad aspettare Godot.
E dopo questo un altro arrivò,
e dopo il secondo un altro però,
per esser del tutto sincero dirò,
che avrei preferito arrivasse Godot.
Sono invecchiato aspettando Godot,
ho sepolto mio padre aspettando Godot,
ho cresciuto i miei figli aspettando Godot.
Sono andato in pensione dieci anni fa,
ed ho perso la moglie acquistando in età,
i miei figli son grandi e lontani però,
io sto ancora aspettando Godot.
Questa sera sono un vecchio di settantanni,
solo e malato in mezzo a una strada,
dopo tanta vita più pazienza non ho,
non voglio più aspettare Godot.
Ma questa strada mi porta fortuna,
c'è un pozzo laggiù che specchia la luna,
è buio profondo e mi ci butterò,
senza aspettare che arrivi Godot.
In pochi passi ci sono davanti,
ho il viso sudato e le mani tremanti,
e la prima volta che sto per agire,
senza aspettare che arrivi Godot.
Ma l'abitudine di tutta una vita,
ha fatto si che ancora una volta,
per un minuto io mi sia girato,
a veder se per caso Godot era arrivato.
La morte mi ha preso le mani e la vita,
l'oblio mi ha coperto di luce infinita,
e ho capito che non si può,
coprirsi le spalle aspettando Godot.
Non ho mai agito aspettando Godot,
per tutti i miei giorni aspettando Godot,
e ho incominciato a vivere forte,
proprio andando incontro alla morte,
ho incominciato a vivere forte,
proprio andando incontro alla morte.
ho incominciato a vivere forte,
proprio andando incontro alla morte.



Aspettando Godot (in francese "En Attendant Godot", in inglese "Waiting for Godot") è la più famosa opera teatrale di Samuel Beckett; appartiene al genere teatro dell'assurdo, un genere di teatro - che ha come protagonisti oltre a Beckett, Ionesco, Adamov (e inizialmente) Genet - dominato dalla credenza che la vita dell'uomo sia apparentemente senza senso e senza scopo, e dove l'incomunicabilità e la crisi di identità si rivelano nelle relazioni fra gli esseri umani.
"Tragicommedia" costruita intorno alla condizione dell'Attesa, "Aspettando Godot" venne scritta verso la fine degli anni Quaranta e pubblicata in lingua francese nel 1952, cioè dopo la seconda guerra mondiale, in un'epoca post-atomica. La prima rappresentazione si tenne a Parigi nel 1953 al Théâtre de Babylone sotto la regia di Roger Blin, che per l'occasione rivestì anche il ruolo di Pozzo. Nel 1954, Beckett - autore irlandese di nascita - tradusse l'opera in inglese. Scrisse prima l'opera in francese per essere costretto ad uno stile lineare e ad un lessico poco forbito

trama

 

Vladimiro (chiamato anche Didi) ed Estragone (chiamato anche Gogo) stanno aspettando su una desolata strada di campagna un "certo Signor Godot". Non vi è nulla sulla scena, solo un albero dietro ai due personaggi che regola la concezione temporale attraverso la caduta delle foglie che indica il passare dei giorni. Ma questo personaggio, Godot, non appare mai sulla scena, né si dice mai niente sul suo conto. Egli si limita a mandare un ragazzo dai due vagabondi, il quale dirà ai due protagonisti che "oggi non verrà, ma che verrà domani", riferendosi al suo mandante.

I due uomini, vestiti come barboni, si lamentano continuamente del freddo, della fame e del loro stato esistenziale; litigano, pensano di separarsi (anche di suicidarsi) ma alla fine restano l'uno dipendente dall'altro. Ed è proprio attraverso i loro discorsi insensati e superficiali, inerenti argomenti futili e banali, che emerge il nonsenso della vita umana predicato dall'autore.

Ad un certo punto del pezzo arrivano altri due personaggi: Pozzo e Lucky. Pozzo, che si definisce il proprietario della terra sulla quale Vladimiro ed Estragone stanno, è un uomo crudele e al tempo stesso "pietoso", tratta il suo servo Lucky come una bestia, tenendolo al guinzaglio con una lunga corda. Pozzo, nell'idea dell'autore dell'opera, rappresenta il capitalista e Lucky il proletario e la corda che li unisce indica l'indispensabilità dell'uno per l'altro e viceversa. I due nuovi personaggi successivamente escono di scena. Didi e Gogo, dopo aver avuto l'incontro con ragazzo "messaggero di Godot", rimangono fermi mentre dicono "andiamo, andiamo" a testimoniare ancora una volta l'insensatezza della loro vita e la mancanza di una meta, di un obiettivo da raggiungere.

Il secondo atto differisce solo in apparenza dal primo: Vladimiro ed Estragone sono di nuovo nello stesso posto della sera precedente. Continuano a parlare (a volte con "non senso" a volte utilizzando luoghi comuni, detti popolari, anche con effetti comici). Ritornano in scena Pozzo, che è diventato cieco, e Lucky, che ora è muto ma con una differenza, ora la corda che li unisce è più corta ad indicare la soffocante simbiosi dei due. Escono di scena. Rientra il ragazzo che dice che anche oggi il Signor Godot non verrà. Esce. E Vladimiro ed Estragone rimangono lì mentre dicono "andiamo, andiamo"..

L'ultima frase del libro è "And they're still waiting for Godot." In Inglese God vuol dire Dio, mentre "dot" si traduce con "punto". Quindi qualcuno ha ipotizzato che Beckett abbia in questo modo lasciato un'interpretazione sull'identità di Godot. Il suffisso "ot" vuol dire a sua volta "piccolo" in francese, dando un'ulteriore caratteristica al Dio in questione.

da Wikipedia.